Per i migranti è preferibile rischiare di perdere la vita nel viaggio piuttosto che ritornare a morire per torture, fame o guerra nei veri e propri "LAGER" in Libia o peggio ancora nei loro paesi di origine. Il video di Pino Ciociola in fondo all'articolo http://bit.ly/2Dsvf1O di AVVENIRE vi aiuterà a capire. Stiamo addirittura andando indietro, stiamo alzando i muri come negli USA e in Israele, erigendo barriere di filo spinato come a Gibilterra, stiamo imprigionando popolazioni nei campi profughi da noi finanziati come in Turchia, Libia e Libano. Ed invece di trattarli alla pari aiutandoli a casa loro (negli stati del Terzo Mondo di Africa, Asia, India e Sud America) ci serviamo di regimi fantoccio corrotti che si prestano a svenderci le "loro" preziose materie prime. Qui lo spiega, molto meglio di me, in un appello ai giornalisti, padre Alex Zanotelli
"Rompiamo il silenzio sull’Africa" Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli africani stanno vivendo.
Scusatemi se mi rivolgo a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati che mi spinge a farlo. Per questo, come missionario e giornalista, uso la penna per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno spazio nei mass-media italiani, come in quelli di tutto il modo del resto.
Trovo infatti la maggior parte dei nostri media, sia cartacei che televisivi, così provinciali, così superficiali, così ben integrati nel mercato globale.
So che i mass-media , purtroppo, sono nelle mani dei potenti gruppi economico-finanziari, per cui ognuno di voi ha ben poche possibilità di scrivere quello che veramente sta accadendo in Africa.
Mi appello a voi giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa.
È inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa) ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga.
È inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur.
È inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni.
È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa.
È inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai.
È inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera.
È inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi.
È inaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa , soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi.
È inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia , Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni secondo l’ONU.
È inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile.
È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!).
Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi.
Questo crea la paranoia dell’“invasione”, furbescamente alimentata anche da partiti xenofobi.
Questo forza i governi europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con l’Africa Compact , contratti fatti con i governi africani per bloccare i migranti.
Ma i disperati della storia nessuno li fermerà.
Questa non è una questione emergenziale, ma strutturale al sistema economico-finanziario. L’ONU si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa. Ed ora i nostri politici gridano: «Aiutiamoli a casa loro», dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’ENI a Finmeccanica.
E così ci troviamo con un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrum dove sono naufragati decine di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa come patria dei diritti. Davanti a tutto questo non possiamo rimane in silenzio. (I nostri nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?).
Per questo vi prego di rompere questo silenzio-stampa sull’Africa, forzando i vostri media a parlarne. Per realizzare questo, non sarebbe possibile una lettera firmata da migliaia di voi da inviare alla Commissione di Sorveglianza della RAI e alla grandi testate nazionali? E se fosse proprio la Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) a fare questo gesto? Non potrebbe essere questo un’Africa Compact giornalistico, molto più utile al Continente che non i vari Trattati firmati dai governi per bloccare i migranti?
Non possiamo rimanere in silenzio davanti a un’altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Diamoci tutti/e da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa.
Di nuovo sulla strada. Rifugiati mandati via dal Cara di Castelnuovo di Porto (Ansa)
«Dopo tanti anni d'impegno della comunità locale mi pare assurdo interrompere progetti di integrazione bene avviati con la partecipazione di tanti cittadini e volontari delle diocesi», spiega il vescovo della diocesi di Porto e Santa Rufina, Gino Reali: «Anche il metodo di trasferimento non mi pare dignitoso per donne, uomini e bambini che hanno alle spalle storie drammatiche». E ancora: «Quale futuro offriamo a queste persone? Quale immagine di civiltà stiamo dando? Prego per questa gente perché non perda la speranza e trovi la giusta accoglienza», conclude il vescovo. E qui al Cara non lo hanno dimenticato, nessuno, nemmeno gli islamici: papa Francesco volle venire proprio il 22 marzo 2016, Giovedì santo, a lavare i piedi ad alcuni richiedenti asilo.
Papa Francesco visita il Cara a Castelnuovo di Porto, 24 marzo 2016 (Ansa / Osservatore Romano)
«Siamo dispiaciuti e preoccupati. Chiediamo che non vengano trattati come bestiame», fa sapere padre José Manuel Torres, parroco di Santa Lucia, a Castelnuovo. A pochi passi dalla scuola elementare frequentata da alcuni bambini del Cara «strappati – aggiunge il parroco – all'improvviso dal percorso che avevano iniziato». Tant’è che stasera a Castelnuovo si è svolto un corteo di solidarietà coi richiedenti asilo del Cara. «Hanno partecipato quasi 500 persone fra cittadini, scuole, associazioni di volontariato, le istituzioni, altri sindaci del territorio», ha detto il sindaco, Riccardo Travaglini.
Più sicurezza? (Ansa)
Il "Centro accoglienza richiedenti asilo" alle porte di Roma è noto per essere un’eccellenza, negli ultimi cinque anni vi sono passate 8mila persone, un migliaio delle quali da zero a sedici anni. E sono pochissime quelle rimaste nel nostro Paese: «Più del novanta per cento ha poi lasciato il territorio italiano», spiega Juri Grillotti, coordinatore Auxilium del Cara. Hanno storie terribili. Fuggono dagli orrori dei loro Paesi e ne hanno poi vissuti altri nei lager libici dove quasi tutti sono stati "ospitati". Come la bimba che arrivò al Cara di Castelnuovo nel dicembre 2017: doveva ancora compiere dieci mesi, la mamma era stata stuprata proprio in campo libico e lì l’aveva partorita. La piccola aveva le gambette bruciate dalle ustioni, sul barcone (stracolmo) con il quale aveva traversato il Mediterraneo, le si era rovesciata addosso una tanica di benzina. Qui l’hanno curata. Ed è guarita.
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Tutti noi conosciamo l’importanza del suono delle campane di Ruscio per la vita quotidiana della comunità, come scriveva anche Nicola Marchetti nel suo componimento Ci svegliano i rintocchi la mattina e ci annunciano l’ora del lavoro, della preghiera e quella del ristoro; come la vita nostra si trascina, così ogni sera, dopo aver cenato, ci annuncia che il giorno è tramontato. La tradizione vuole però che le campane restino in silenzio il Venerdì e il Sabato Santi, cioè nei giorni in cui si ricorda la morte di Gesù. Ed è proprio nella settimana di passione che sono “legate”, una parola che oggi ha un significato metaforico, ma che in passato rispondeva alla realtà perché venivano effettivamente legate con una corda, affinché non emettessero alcun suono, neanche qualora fosse il vento a farle oscillare. E venivano sciolte a Pasqua. Questo è il motivo per cui ancora oggi si usa dire che a Pasqua “si sciolgono le campane” per ricordare la risurrezione di Gesù. Delle numerose
MOSTRA ANTOLOGICA DI SCULTURE E DISEGNI "UNA VITA PER L'ARTE" Francesco Santori nasce a Grottammare il 5 aprile 1950. Ancora ragazzo intraprende da autodidatta la via di scultore. Il poeta Mario Rivosecchi, ex direttore dell'accademia di Belle Arti di Roma, lo "scopre" e inizia ad incoraggiare la sua formazione, facendogli conoscere le tecniche di vari artisti. Frequenta la scuola di Pericle Fazzini a Roma e a sedici anni espone le sue opere a San Benedetto del Tronto. Le sue mostre sono state proposte da diverse gallerie nazionali (Roma, Salsomaggiore, Milano, Ferrara, Firenze, La Spezia) e internazionali (Cannes, New York, Tokio, Parigi). E' sempre rimasto a Grottammare, fuggendo da tutte le logiche del mercato culturale del grandi centri di promozione intellettuale. Mie foto https://photos.app.goo.gl/ZmofhB9ZVL1LkEtM9 Il suo studio è situato su un colle, presso la Vedetta Picena, da dove si scorgono il mare e le colline: in questo luogo d'am
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