40 anni dopo cosa resta della trama P2 e perché è necessario continuare ...
"In una mattina di quarant’anni fa esatti, 17 marzo 1981, a Castiglion Fibocchi, comune in provincia di Arezzo, negli uffici dell’allora sessantaduenne Licio Gelli, imprenditore con un passato da ex volontario franchista nella guerra di Spagna e quindi repubblichino di Salò, uomo legato all’Internazionale nera e ai regimi militari sudamericani, vengono scoperti dalla magistratura di Milano gli elenchi della loggia massonica segreta P2. Si tratta di 962 nomi che disegnano la geografia di un potere occulto incistato nel cuore delle istituzioni. Un network di potere che ha come suo programma quello di torcere, fino a modificarne forma e sostanza, l’architettura repubblicana figlia della Costituzione del 1948 e che tiene insieme uomini di vertice degli apparati di sicurezza, della classe politica, dell’establishment finanziario e dell’informazione, della magistratura e dell’avvocatura.
È lo scandalo più grave della storia della Repubblica, destinato a segnarne il corso. Non fosse altro perché a quelle della loggia P2 s’intrecciano, in quel decisivo passaggio della storia del nostro Paese, mille vicende oscure: dalla stagione delle stragi (nel 2020, Gelli verrà indicato come uno dei mandanti dell’eccidio di quella di Bologna), al sequestro e omicidio di Aldo Moro.
Licio Gelli, dopo periodi di detenzione in Svizzera e in Francia, ha continuato per oltre trent’anni a vivere a Villa Wanda, la sua residenza in provincia di Arezzo, dove si è spento il 15 dicembre del 2015. La sua storia e quella della P2, dei suoi 962 iscritti, non hanno mai smesso di fare da quinta al contesto della cosiddetta prima e seconda Repubblica. Il sistema di relazioni e la rete di ricatti scoperti in quel marzo 1981 hanno continuato a pesare nella vita pubblica del Paese, consegnandoci un’eredità tossica. Per questo, quarant’anni dopo, ne ripercorriamo la storia, provando a tracciare un bilancio di ciò che la loggia fu e, soprattutto, di ciò che del “sistema P2” resta nell’Italia di oggi". [da "C'era una volta la P2" di Benedetta Tobagi, La Repubblica].
La storia della nostra Repubblica è anche la storia di un connubio spaventoso fra politica e criminalità che ha visto la saldatura fra apparati dello Stato, servizi segreti, logge massoniche, stragismo neofascista, finanza corrotta, mafia dove ministri, terroristi, giudici, agenti segreti, generali, giornalisti, potenze straniere hanno tramato contro le istituzioni democratiche e la Costituzione. Nemici della Repubblica, come scrive Corrado Stajano nella prefazione al libro di Giuliano Turone "Italia occulta", che hanno causato tanto sangue e tanto dolore.
Dal 1969 al 1992 l'Italia ha subito sette stragi terroristiche (Piazza Fontana a Milano, Gioia Tauro, Questura di Milano, piazza della Loggia a Brescia, treno Italicus, stazione di Bologna), stragi di mafia, tre tentativi di colpo di Stato (1964, 1970, 1974), terrorismo nero e terrorismo rosso, sono stati uccisi 24 magistrati, 7 giornalisti, il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, il presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, un leader dell'opposizione Pio Latorre...
Dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni '80 l'azione della P2 è centrale in quella strategia della guerra a bassa intensità, ben sintetizzata nella espressione "destabilizzare per stabilizzare", una "guerra non ortodossa" combattuta dall'Occidente contro il comunismo, in cui si passa da veri e propri piani golpisti, dalla collusione con la destra eversiva e dal terrorismo delle stragi all'occupazione a tutti i livelli delle istituzioni. Tra eversione, criminalità e corruzione nessun altro paese in Europa o nel cosiddetto primo mondo è stato attraversato da una simile esperienza, che ha visto un vero e proprio corpo a corpo all'interno delle istituzioni stesse, fra stragi, depistaggi, coperture istituzionali e ricerca di verità e giustizia da parte di magistrati, servitori dello Stato e società civile.
Oggi quella guerra è finita, ma ancora la verità sembra indicibile, come osserva Gianni Barbacetto ne "Il Grande Vecchio". "I processi - da piazza Fontana alla P2 - si chiudono, si riaprono senza quasi mai poter accertare in via definitiva i colpevoli. Due generazioni di magistrati si sono spesi a cercare questa verità. E sono sempre stati misteriosamente fermati poco prima di svelarla. Eppure, le loro sentenze hanno dimostrato che, senza l'ombra dei servizi e le coperture internazionali, non una delle stragi italiane sarebbe stata commessa e, se commessa, non sarebbe potuta rimanere impunita. E che solo guardandole tutte insieme se ne può capire il senso. Perché il Grande Vecchio altro non è che un network di poteri criminali che ha fortemente limitato la sovranità della nostra democrazia e che ha nutrito, al di là degli obiettivi iniziali, quella cultura della illegalità che, ancora oggi, detta legge in Italia".
"Ci avete sconfitti, ma sappiamo chi siete", dice il magistrato Libero Mancuso, pubblico ministero nel primo processo per la strage di Bologna, che si concluse con le condanne degli autori materiali (i neofascisti del Nucleo Rivoluzionario Armato Giusva Fioravanti, Francesca Mambro ) e degli uomini dei servizi segreti e della P2 che li protessero. "Le nostre inchieste sono state rallentate da continui depistaggi di apparati dello Stato e frenate da alcuni capi degli uffici giudiziari. Ma abbiamo proseguito a cercare la verità... Dopo tanta fatica, abbiamo acquisito una mole enorme di dati conoscitivi". Da qui l'importanza degli archivi, dei processi come oggetti storici e il ruolo della "verità storica" che non sempre coincide con la "verità processuale".
Abbiamo davvero fatto i conti con questo passato? Qual è l'eredità di quel connubio nefasto che ha segnato la nostra storia recente? La direttiva Renzi che prevede la declassificazione degli atti sulle stragi è boicottata, denunciano i familiari delle vittime, da ministeri, prefetture e organizzazioni dello Stato. Ancora nel 2019 ci sono stati tentativi di depistaggio sulla strage di Bologna (2 agosto 1980). Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, proprio in questi giorni denuncia l'alleanza sempre più forte fra massoneria e 'ndrangheta. Nel 2014 Ferruccio De Bortoli evocava a proposito del Patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi (tessera P2 1816) "uno stantio odore di massoneria"... Ritornano in mente le parole di Gustavo Zagrebelsky che nel 2013 parlò di piduismo perenne nel nostro paese.
«Oggi, certo, l’Italia è cambiata - scrive Paolo Biondani su L'Espresso - non è più il paese del terrorismo e dei servizi deviati, della mafia padrona e delle banche criminali. Ma le reti di mutuo sostegno nate in quegli anni neri hanno continuato a condizionare la nostra democrazia. Con dinastie di piduisti rimasti in posizioni chiave, nella politica, nell’economia, nei media. Con strategie e parole d’ordine che restano le stesse di allora. Tra soldi spariti, complicità mai confessate, dossier e ricatti che funzionano ancora». L'ombra della P2 non ha mai smesso di attraversare la nostra storia: tangentopoli, la nascita di Forza Italia e la vittoria di Berlusconi e prima ancora l'ascesa del suo impero televisivo, fino alle cosiddette P3 di Flavio Carboni e P4 di Luigi Bisignani.
L’ex giudice Giuliano Turone, oggi, commenta: «La P2 fa ancora paura».
«La storia della P2 e del suo ineffabile "direttore generale" Licio Gelli parla ancora molto all'Italia di oggi - scrive la giornalista che visse in prima persona il periodo più nero della prima Repubblica, Sandra Bonsanti, nel libro "Colpevoli" - Sarebbe un grave errore considerarla uno spiacevole incidente, un fisiologico e momentaneo ripiegarsi del percorso democratico della vita pubblica: semmai è stato il segnale di una crisi, e la riflessione svolta in questi anni intorno alle note vicende non deve considerarsi esaurita... L'attualità degli eventi riguarda il drastico ridimensionamento della sfera pubblica dello Stato a vantaggio di gruppi privati, talvolta criminali e segreti. L'attualità della P2 riguarda il proliferare di "obbedienze" nei nostri territori che si pongono come crocevia di interessi, ponti fra mondi diversi, decisori pubblici».
Di questo parleremo con Benedetta Tobagi - storica e scrittrice. Laureata in filosofia, Ph.D in storia presso l'Università di Bristol, continua a lavorare sulla storia dello stragismo con una borsa di ricerca all'Università di Pavia. È stata conduttrice radiofonica per la Rai e collabora con «la Repubblica». Dal 2012 al 2015 è stata membro del consiglio di amministrazione della Rai. Segue progetti didattici sulla storia del terrorismo con la Rete degli archivi per non dimenticare. Per Einaudi ha pubblicato "Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre" (2009 e 2011, con cui ha vinto diversi premi letterari), "Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita" (2013 e 2019) e "Piazza Fontana. Il processo impossibile" (2019). Con Rizzoli ha pubblicato nel 2016 "La scuola salvata dai bambini. Viaggio nelle classi senza confine" - e Giuliano Turone - giudice emerito della Corte di cassazione e già docente di Tecniche dell’investigazione all’Università Cattolica di Milano, è stato il giudice istruttore che, prima di occuparsi delle inchieste su Michele Sindona e sulla Loggia P2, ha indagato sulla presenza di Cosa nostra a Milano negli anni Settanta arrivando all’incriminazione del capomafia di allora, Luciano Liggio. Negli anni Novanta ha fatto parte del primo staff di magistrati della Procura nazionale antimafia. Ha collaborato con il Consiglio d’Europa, per la redazione della convenzione di Strasburgo del 1990 sul riciclaggio, e con le Nazioni Unite, svolgendo attività di pubblico ministero presso il Tribunale penale internazionale dell’Aja per l’ex Jugoslavia e contribuendo alla redazione dell’Oxford University Press Commentary sullo statuto della Corte penale internazionale (2002). Tra i libri che ha scritto: "Il caffè di Sindona" (con Gianni Simoni, Garzanti 2009), "Il caso Battisti: storia di una inchiesta" (Garzanti 2013), "Il delitto di associazione mafiosa" (Giuffré 2015), insieme con Antonella Beccaria, "Il boss. Luciano Liggio: da Corleone a Milano, una storia di mafia e complicità" (Castelvecchi 2018), e "Italia occulta - Dal delitto Moro alla strage di Bologna. Il triennio maledetto che sconvolse la Repubblica (1978-1980)" (2019).
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