Perché le grandi aziende scappano da Piazza Affari?

Da Tod’s alla Roma. E poi Atlantia, Cattolica, Autogrill, Exor e tutti gli altri. Appunti su un capitalismo disorientato e un paese ostile alla cultura del rischio

 Ehi, ma che sta succedendo al capitalismo italiano? L’ultimo caso è stato quello di ieri e ha coinciso con una notizia importante per il mondo economico italiano. La storia forse la conoscete già: Diego Della Valle, con il suo socio francese Bernard Arnault, ha deciso di lanciare un’Offerta pubblica di acquisto sulle azioni Tod’s non in suo possesso per ritirare la sua azienda dal listino di Piazza Affari. In gergo, l’operazione si chiama “delisting” e quello di Della Valle, a capo di un’azienda che fattura circa 884 milioni di euro all’anno, è solo l’ultimo tassello di un mosaico più grande che riguarda la Borsa italiana. Da Piazza Affari andrà via, a settembre, un gigante come Atlantia. E la stessa strada hanno imboccato anche altre realtà importanti per il paese. Autogrill, che in virtù della fusione con Dufry resterà quotata in Svizzera. Un’importante società immobiliare di nome Coima Res. Una società specializzata in occhialeria di nome Fedon. Un’agenzia di rating di nome Cerved. Una famosa compagnia assicurativa come Cattolica. Una private bank specializzata nella gestione dei patrimoni famigliari di nome Banca Investis. Una squadra di calcio come la Roma. Un gigante dell’automotive come la Exor della famiglia Elkann, che ha deciso di dirottare la propria quotazione dalla Borsa di Milano a quella di Amsterdam (fisco più gentile, regole più semplici).



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